Si è svolto anche quest’anno il campo estivo a Rivere, frazione di Cartosio, vicino ad Acqui Terme, organizzato dal 12 al 17 luglio da Vedrai e Associazione per la pace e la nonviolenza, esperienza che il Movimento Internazionale di Riconciliazione e il Movimento Nonviolento promuovono da oltre trent’anni. Una decina i partecipanti, di cui cinque disabili; insieme abbiamo svolto lavoro manuale, studio e riflessioni sul tema di questa edizione, togliere le radici all’odio.
Al mattino abbiamo rastrellato l’erba del frutteto che da due anni è stato piantato, abbiamo raccolto l’aglio e le cipolle e abbiamo ripulito un sentiero vicino che conduce a un rittano, ora in secca.
Al pomeriggio del primo giorno abbiamo incontrato don Milani attraverso un documentario, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia del 2019. Dalla viva voce del priore abbiamo (ri)scoperto la sua scuola che a Barbiana accoglieva i ragazzi delle classi più umili respinti da un sistema scolastico classista. Il sacerdote è stato un amico della nonviolenza, che ha difeso l’obiezione di coscienza, considerata dai cappellani militari estranea al comandamento dell’amore ed espressione di viltà.
In altri momenti di studio abbiamo inoltre visto tre quaderni multimediali che alcuni ragazzi disabili hanno preparato durante l’anno sulla vita di Gandhi, sulle canzoni contro la guerra e sulle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki.
Molto partecipata è stata poi la riflessione su come si manifesta oggi l’odio, tanti sono stati gli esempi emersi dai fatti di cronaca, che ci hanno portato a distinguere e a raggruppare diverse radici: il razzismo, la violenza tecnologica, la prepotenza sociale (dei più forti verso i più deboli), la violenza domestica e sociale, lo stress sociale, l’avidità, l’odio religioso, la guerra, per citarne alcune. Più difficile è stato cercare azioni concrete per provare ad estirpare queste radici. Riguardo alla violenza tecnologica, ad esempio, il gruppo ha proposto di promuovere gruppi di prevenzione che coinvolgano genitori, associazioni, volontari, anche il mondo della scuola. Oppure per contrastare la prepotenza sociale è necessario creare ambienti educanti per i deboli, incentivare modelli positivi, con adulti coerenti.
Le riflessioni su questo tema richiedono un lavoro lungo che siamo riusciti a svolgere solo in parte.
Ci eravamo anche proposti di iniziare una ricerca sull’apporto delle persone disabili ad una società senza odio e senza nemico, ma per mancanza di tempo, non è stato possibile. Il nostro amico Giuseppe ha però sintetizzato le conclusioni con “Noi non odiamo, noi diamo affetto”, frase concisa, ma efficace, che spiega come dovrebbero essere le relazioni fra tutti gli esseri umani.
La settimana è passata in fretta, fra lavoro, studio, passeggiate, momenti conviviali: ci sono tutte le premesse per affrontare i lavori in sospeso in un quarto campo estivo.
Nicoletta Vogogna